recensioni
STEVE KUHN trio
Un trio di classe estrema si è esibito in questa fantastica serata in cui, non temiamo a dirlo, è stato ospite della rassegna uno tra i più grandi trii pianistici dell’attuale panorama jazzistico internazionale. Kuhn è musicista di grandissima raffinatezza olteché pianista che ha fatto scuola, David Fink è un contrabbasista le cui collaborazioni di altissimo livello non si contano ormai più, Joey Baron è un batterista che non ha eguali al mondo per versatilità e gusto. Logico quindi che le aspettative fossero alte, e non sono andate deluse. Il repertorio ha spaziato dagli immortali standard: Four, I wish I knew che inevitabilmente hanno richiamato alla memoria il leggendario trio di Bill Evans - Don’t explain, della mitica Billie Holiday; fino a brani originali come Clothilde, uno splendido 3/4, e Ladies in Mercedes di Steve Swallow. Il pianismo di Kuhn ha avuto così la possibilità di esprimersi in tutte le sue sfumature, con una coppia di colleghi davvero bravi ad esaltarne il timing perfetto e il grande gusto espressivo; un pianismo che non inventa nulla, si dirà, e forse è vero, ma sempre estremamente gustoso nel suo mantenersi nel solco della tradizione; e se il trio suona un jazz basato sull’interplay (Evans docet) il merito va attribuito anche a Fink e Baron. Una menzione merita ancora il batterismo di Baron, sempre puntuale, propositivo, mai banale, a conferma della grande ecletticità di questo musicista e dell’importante peso specifico che, in un trio, è attribuito al singolo elemento. Il finale conferma l’ironica leggerezza di Kuhn, trapelata anche nella rivisitazione di alcuni standard (per esempio Confirmations di Parker), capace di proporre un pezzo proprio, cantato da lui stesso, con un testo ai limiti del nonsense, il vocione del nonno buono che gioca con i nipotini, e il pubblico estasiato.
MASSIMO MIGLIORATI