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recensioni

giovedì 19 gennaio 2006

dal BRESCIAOGGI inserto spettacoli - autore FABIO BIX

Lunedì scorso all’Antica Birreria della Bornata 46, laggiù dove si suona il Jazz, il curatore della programmazione Dott. Francesco Schettino, nel presentare il Visiones Trio, ha dato notizia della morte di Daniela Fantoni (che tante edizioni ha curato proprio lì alla ex Whürer).

Si è osservato per lei un minuto di silenzio: ....... .................................... poi è stato un applauso. Parole, poi, poche. Che le parole, in questi casi... le parole non sanno mai che vestito mettersi, in questi casi, fa sempre troppo freddo o troppo caldo, non sanno mai che pesci pigliare, le parole in questi casi/ e in effetti nelle pozzanghere della morte c’è poco da pescare.

La musica, forse... Forse sì, la musica ha linguaggi che trascendono gli idiomi e i vestiti e i pesci e le pozzanghere.

Ha molte più forme e meno formalità, la musica. Meno gabbie, la musica. E allora il concerto è iniziato.

Leader nominale del Visiones Trio è Paolo Porta, al sax. E dico «nominale» perché lui -tipo garbato, lui- ha lasciato molto spazio ai dialoghi tra la batteria suonata da Barbieri Mattia, e il basso elettrico/o il contrabbasso strasuonati da Davide Liberti.

«Dinoccolato» è un termine che, in letteratura, mai m’è piaciuto. Viene usato ad indicare un’andatura, un modo di camminare, e sempre l’ho trovato artificioso.

Ma qui, sì, mi pare sia appropriato: Mattia Barbieri, alla batteria, ha un modo di «camminare dinoccolato», con scarti di movimenti a tirar fuori grappoli di suoni e timbri e servizi di piatti, tanti, un magazzino di tocchi di piatti d’ogni misura, varietà da non sapere dove buttare le orecchie.

In realtà, i piatti erano solo tre o quattro... ma la realtà è una vecchia bacucca a cui credo sempre meno, con le sue rughe fonde tra cui si nascondono medaglie a più facce... Comunque, come detto, il Mattia ha parecchio interagito coi bassi del Davide Liberti.

Si son fatti un rosario di discorsi svergoli tra loro, di quando si ha l’impressione che uno stia sfangando lungo un sentiero di radici amazzoniche e l’altro discendendo una tortuosissima pietraia, con Paolo Porta che qua e là saxava una sassaiola di suoni perlopiù molto lucidi, un groviglio apparente, in cui tutti e tre, in verità, tendevano verso il medesimo orizzonte fascinoso.

A parte alcuni brani armonici, il Visiones Trio ha suonato quel Jazz di ricerca e sperimentazione, Jazz inestricabile, di quando il contrabbasso ha timbri di voce da «bassi-fondi», di quando il sax è un lamento dell’anima e delle budella, di quando la batteria è complessa come i meccanismi della digestione, Jazz di quello poco spiegabile, insomma. Come la morte, insomma.

Oggi è il 19 gennaio: Ti ricordi Lidia...

Fabio Bix

Fotografia – Pierpaolo Romano


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