recensioni
dal BRESCIAOGGI inserto spettacoli - autore FABIO BIX
Bracconieri, fermatevi!!! Suvvia, la storiella che Paolo Mozzoni sia un invasato ecologista intenzionato a sterminarvi a colpi di bocconi d’amanite falloide è una burla. Parevami palesissima ironia, ma m’ero scordato che siamo un popolo di creduloni, che abbiamo addirittura dato credito (e che credito...) al più imprenditore degli imprenditori, quando si dichiarava "Il Presidente operaio". Fuor dell’Italia si chiedono se sia tutto vero o una tragicomica telenovela, qui. Anch’io ogni tanto me lo chiedo ma, ahimè, ancora spero di svegliarmi da questo brutto sogno.
Comunque ragazzi, suvvia, un po’ di leggerezza. É importante, nella vita, la leggerezza. Lo sapevano bene sia i "fumisti" che Boris Vian.
Il Fumisme fu inventato da Charles Cros e dal suo amico e discepolo Alphonse Allais. Paradossale movimento del secondo Ottocento, nel Fumisme si predicava la rinuncia alla serietà come attitudine dello spirito. I fumisti, farseschi burloni, praticavano la loufoquerie: la bizzarria eletta a stile di vita e di comunicazione verbale. Ma occhio: i due erano gegnacci mica da ridere. Allais, per intenderci, arrivò molto vicino alla sintesi della gomma. E Cros ideò il fonografo prima di Edison. Ma i due erano anche, e non poco, gegnacci da ridere assai. Sissì. Giusto per dirne una: Allais inventò l’acquario in vetro smerigliato per i pesci timidi. E, pensavo... sarà perché son timidi, che i pesci rossi sono rossi?
Boris Vian in fatto di burle ci ha messo del suo. Nel ’55 riuscì a ottenere il brevetto per l’invenzione della ruota elastica". Era lo stesso anno in cui scrisse una "Memoria concernente il calcolo numerico di Dio con metodi semplici e falsi". Meditate, ragazzi (e musicisti...), meditate...
Burlone anche Emanuele Cisi, a tratti/ o così mi parve, lì, lo scorso lunedì, alla ex "Virèr" della Bornata dove si fa (mi do re sol...) il Jazz.
Emanuele Cisi suona il sax. Due, sax. O meglio: uno e mezzo. Il primo, un tenore/ d’ottone opaco, parvemi. L’altro... una burla di sax. Piccino. Un saxino. Non così: più piccolo! Sembrava l’avesse rubato in un negozio di giochi per bimbi. Un sax da Big Gim, quasi. Bambolotto d’argento, nelle sue manone. Immagine inversamente proporzionale a quella di Marco Micheli, che amoreggiava con un contrabbasso ben più grosso di lui. E se penso che il Micheli ha suonato con Chet Baker... Bisogna che non ci pensi. Cioè, voglio dire... T’immagini, poter camminare per strada con la consapevolezza di aver suonato con Chet?!... Forse il Micheli pensava a quello, mentre stappava note blu con quella faccia soddisfatta e godereccia dietro agli occhi chiusi. Forse ripensava a Chet... a quando... Tra l’altro, del suo contrabbasso, tre corde su quattro sono rosse/ che siano i tendini di un toro? Gemevano in modo signorile e morbido e profondo, quei tendini rossi.
Alla batteria c’era Francesco Sotgiu, burlone pure lui. Mi pigliava sempre in controtempo. Nell’istante in cui credi d’aver preso il suo passo, è già avanti di tre o di 7, oppure non lo vedi più, e lui è lì dietro che ti bussa alle spalle. E comunque il più burlone era l’Emanuele. Il Cisi. Faceva (o non faceva) dei suoni... A tratti soffiava a vuoto, come fosse stufo a tempo di jazz (si può esser stufi a tempo di jazz?), o faceva fusa da gatto, oppure suoni da incantatore di serpenti/ noi, i serpenti, ovvio/ e poi languore a piene mani, ti entrava nello sterno, senza invadenza, massaggiava intestino e fegato e budelli senza veemenza. E davvero non so dove lo pigliava, tutto quel fiato. Forse è per quello che a tratti mi mancava l’aria: la succhiava tutta lui per tessere grovigli di note dall’orditura più complessa di quella dei tappeti persiani. E forse è per questo che il jazz è quel che è. Perché a volte (come ’sta volta), quando lo ascolti, da seduto, senza bisogno di correre o saltare, a volte ti fa mancare il fiato, il Jazz.Fabio Bix