MENU

recensioni

giovedì 24 novembre 2005

dal BRESCIAOGGI inserto spettacoli- autore FABIO BIX

JAZZ. Sarà la parola magica. Della rubrica "Articoli StramBix" il filo conduttore in cui sovente perdersi e/o divagare. Ogni giovedì. Prendi nota.
Ah, ti faccio subito una domanda: conosci Boris Vian? Ingegnere, attore, trombettista jazz, drammaturgo, scrittore da scandalo e da magie di creatività, patafisico, traduttoreccetera.
Insomma, un genio. O quantomeno un tipo geniale. Anche com’è morto, per esempio: nella sala cinematografica, alla prima proiezione del film tratto dal suo libro "Sputerò sulle vostre tombe", su scenografia da lui non autorizzata. 39 anni, aveva. Un peccato. C’è un libro che parla di lui.
Il titolo, guarda caso, è: "Jazz!" Il sottotitolo: "rassegna stramba" (Stampa Alternativa). Raccoglie le sue recensioni sul jazz negli anni ’50, più o meno. Te ne parlerò. Di lui e del libro.
Ecco. Chiarisco: lungi da me voler emulare o competere con quel che è stato lui. Io, figurati, di jazz nemmeno ne capisco granché. Giornalista, poi, mica lo sono. Tutto il resto men che meno. Però ho cose da dire che c’entrano. Vedrai.
Vedrai, t’ho detto. Come di lunedì scorso, per esempio. Lì all’Antica Birreria di viale Bornata. La ex "virèr", insomma. Ha suonato un trio. Si chiamano "Trio". L’hai vista la foto? Non ti pare che evochi "il pifferaio magico" dell’omonima favola, lui? Il suo cognome, invece, suggerisce immagini ferrose, da artigianato in cantina o nella stalla. Poi succede che si siede alla - o sulla, o nella - batteria e l’inizia a suonare.
Suonare?!... Il pifferaio magicamente indemoniato tartassava lo strumento senza fargli del male, pareva. S’arrampicava sui piatti delicato, mentre le gambe lunghe 2 km là in fondo pestavano di brutto. Anzi, di bello. Frulli e movenze ora da Peter Pan ora da tarantolato. Quasi tutti brani suoi, composti da lui. Che io mi chiedo come si possa comporre, una roba così. Cosa c’ha nella testa e nei budelli, uno, per comporre e poi eseguire così. Pifferaio magico con cognome d’artigiano che ci ha indotto a seguirlo, noi topi rimbecilliti, appesi tra il magone e l’estasi, gli siamo andati dietro, dove lui voleva che andassimo, cosciente o no di tutto ciò, se lo fosse, non so.
Mica da solo, no. C’era Bearzatti Francesco che suonava, dalla coda, un cobra imbalsamato a forma di sax. L’ha fatto resuscitare, il cobra. Tarantolato pure lui, il Bearzatti. Dentro al cobra doveva esserci uno sciame di api, e pure un topo messo alle strette, mica come noi lì fuori. Il topo imprigionato era rincorso dallo sciame, e gridava, dentro al cobra imbalsamato a forma di sax soffiato dal Bearzatti tarantolato.
C’era anche il Terragnoli. L’Enrico. Chitarra a tratti Western, da Sergio Leone, e acqua che bolle. E ogni tanto rasoiate al fegato. Ha la barba, l’Enrico.
Se la intendeva che era un rosolio, il "Trio". Porcamiseria porcamiseria, hanno suonato da tempesta nel deserto. E pelle di gallina. E ruggine e platino. E botte da orbi che non fanno male. E ogni tanto carezze. Jazz d’avanguardia che non smette d’essere all’avanguardia dopo quasi cent’anni, insomma.
Noi, topi felici, si reggeva a stento la mascella, mentre fuori muggiva la luna di rabbia per non poter scendere lì sotto anche lei/ gli amanti non gliel’avrebbero perdonato. Gli amanti del jazz, invece, le avrebbero volentieri offerto una birra, purché non si mettesse a fare la primadonna anche lì, che di stelle ce n’erano già tre sul palco, e ciò era d’avanzo.(Fabio Bix)


Articoli successivi


Articoli precedenti