MENU

recensioni

mercoledì 19 aprile 2006

di FABIO BIX

Non parliamo di com’è andata poi. Men che meno del filo d’Arianna da qui in avanti. Che s’aveva, noi, tutt’altre aspettative. Che stento a crederci tutt’ora, dopo i 5 anni passati così, che siamo ancora più o meno lì... Ma lunedì scorso, dico, con tutto il caos che avviluppava il fioccare di dati e proiezioni elettorali, da bravo scolaretto - ma con orecchie da coniglio penzolanti - sono andato all’Antica Birreria della Bornata 46 dove han suonato i Waja Maya. Mi son trascinato sulla malaonda della sventura incombente, che non ci volevo, non ci potevo credere... L’incubo non era finito e anzi, comunque vada, il berlusconismo è un virulento mangiafegato che m’accompagnerà per lungo tempo ancora, ahimé/ahivoi. Per giunta fuori c’era un vento “arrabbiatello” – come direbbe Katia – o, come dico io, un’aria rigida e incazzata/ forse per via dei risultati elettorali così in bilico, fino a quei momenti. Beh, è in quel clima personalmente funereo ch’è iniziato il concerto dei Waja Maja.
Hanno esordito, loro, con ritmi ritmici ed allegri, figurati, avendo a disposizione il percussionista Beppe Gioacchini ed il pestifero Arki Buelli alla batteria vorrei ben vedere, col Marco Bortoli a vociferare arie brasilianeggianti, ed è comunque in uno stato catatonico che ho finito d’ascoltare il primo pezzo e udito annunciare il secondo, dal presagico titolo di “Dopo il temporale”... Per non dire poi del terzo brano, “L’appuntamento mancato”, che in virtù di ciò che stava avvenendo, di ciò ch’era avvenuto, di ciò che avverrà da qui alla mia scheggia d’eternità, già, sì, eccome, m’è parso un clamoroso appuntamento mancato, questo in cui avremmo potuto letteralmente spazzare il berlusca col suo megalitico conflitto d’interessi per fare finalmente i nostri, d’interessi, e invece ciao.
Bah, Vincenzo “Titti” Castrini ci provava un po’ con la fisa e un po’ con le tastiere, a distrarmi, sui bassi saltellanti del Massimo Saviola, stazza e aurea da gigante buono, che pizzicava il basso elettrico da piegato sullo sgabello per non picchiar la testa sul soffitto, col Marco Bortoli che con la voce non arriva a tutte le latitudini ma in Brasile ti ci porta, tra standard e composizioni loro, e ad un certo punto mi son messo a fissare i piedi dei musicisti ed è, m’è parso, curioso che ogni piede va per cavoli propri, senza seguire il ritmo impresso sugli strumenti dalle mani, e per qualche attimo ho pure fissato la Edwige lì di lato, profilo manierista, francese di fatto e di sembianze, fini il naso e l’azzurro degli occhi e le labbra d’acciuga rosse su pelle di pergamena, con l’amazzonia di biondume riccio fino a metà schiena e... già, già, questo non c’entra. Ed han cantato, anche, i W.M., un verso che diceva “...il domani cambierà...”, e io che mi chiedevo quando cacchio è, domani?!..., che l’oggi è roba per funamboli e io no. Pure un brano che s’intitola “Magia”, han fatto, che a me pareva più’n sortilegio, e il chitarrista Vladimiro Leoni ha pure cantato guancia a guancia col Bortoli (casi, questi, in cui non riesco a non pensare che se uno dei due avesse mangiato pesante ;-), e il finale è poi stato energico e carico d’allegria, che quasi quasi la prendevo con filosofia, quest’ennesima inc/cciù!!!, salute!, beh, grazie, grazie tante, italiani...

Articoli successivi


Articoli precedenti