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recensioni

giovedì 6 aprile 2006

dal BRESCIAOGGI - inserto Spettacoli - di FABIO BIX

Lo ammetto: sono arrivato un po’ in ritardo, lunedì. Ero a Lisbona, l’ho detto.
Tornato con quel misto di sentimenti contrastanti tipico di quando s’ha lo sguardo in direzione «casa dolce casa», ma, pure, s’ha la consapevolezza che la specialissima quotidianità altrui, piacevolmente spiata con ritmi aritmici, così poco assoggettati al rigido moto circolare delle lancette, la specialissima quotidianità altrui, qui, diverrà la nostra, c’infileremo la personale divisa di circostanza, qui, dentro al mostro... hem, al «nostro» ruolo, di nuovo (di vecchio), e ci starà stretto, qui, d’uno stretto quasi soffocante, la quotidianità.
Comunque, seppur con leggero ritardo, son volato (è il caso di dirlo...) direttamente da Lisbona all’Antica Birreria della Bornata 46, lunedì. C’era il Theatrum Trio, che m’ha accolto con colonna sonora melanconic-avvolgente, di note lente e calde, giusto per non urtarmi, giusto per riempirmi a modo loro di carezze, giusto, molto giusto, grazie... Un brano che, in certo modo, ha a che vedere con la gentilezza. E qui, scusa mah... torno un attimo a Lisbona.
Città, Lei, che m’attirava da un tot. Mi chiedevo se avrebbe potuto essere un luogo possibile, sì, ove traslare membra e desideri, ove trovar ispirazione in una quiete stimolante. Sai, avevo le mie aspettative, gl’inevitabili stereotipi.
Ovvio, ovvio, è stata tutt’un’altra roba, Lisbona. La «mia» Lisbona, quella che ho poi vissuto, non te la posso spiegare. È quel che è, Lisbona, ossia un miliardo di città differenti, tante quanti sono gli occhi e gli spiriti che la osservano. Una cosa, però, mi ha nutrito di piacevole stupore più dei fascinosi quartieri o palazzi o o, lì: la gentilezza. Sì, a Lisbona ho trovato gente estremamente gentile, cordiale, disponibile. M’attenzione, nulla che c’entri col galateo, niente cortesia in tailleur o doppio petto o roba da commessa, no, no. No. Era un velluto diffuso sugli autobus, una carezza in bigodini e sorriso neutro. E se, quindi, la «mia» Lisbona vista non è quella che cercavo, la gentilezza quella sì... per quella varrebbe la pena viverci, lì.
Per distogliermi dalla possibile saudade, il Theatrum Trio s’è poi messo a swingare veloce, così, con la ritmica del Marco Zanoli alla batteria e Giulio Corini al contrabbasso a spingere, e lo Stefano Battaglia a ricamare arpeggi al pianoforte.
E, dico, le mani dei pianisti... ci sarebbe da studiarci all’università, già, giaggià, che io non me ne intendo, ma Stefano Battaglia, le sue mani, la forma che formano... sarà che a Lisbona ho mangiato spesso pesce, ma il modo di tenere le sue, a me, rammentava le seppie, e, o, di quel percorrere contrito la tastiera, parevami certi granchi che filan di traverso sulla sabbia.
Approposito(?), l’ultimo brano parlava dell’osmosi tra la luna e la sabbia, ed era tessuto d’un pianismo che va piano ma lontano, sì, di jazz d’amanti del jazz. Poca scena. In sostanza: sostanza jazz. Il bis no, che quello infine era così: una melodia tipicamente irlandese al piano, infilata s’una ritmica decisamente jazz. Strano, l’effetto iniziale. Ma, appena dopo, a pensarci su...
Il jazz è contaminazione per eccellenza, quindi, alla fine, l’unica cosa strana è dire ch’era strano, pur risultando, lo ribadisco, piacevolmente straniante.
Hum... in altre (2)parole: muito bom!
Fabio Bix

 


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