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recensioni

venerdì 3 febbraio 2006

dal BRESCIAOGGI inserto spettacoli - autore FABIO BIX

Nella cornice da confetto che è l’auditorium S. Barnaba, domenica scorsa è scorso un fiume variegato di Jazz. Tra tutti quelli che si sono avvicendati sul palco, la vera Star ero io! Ssss-ì, insomma, no, dai, vabbè: scherzo... Io ho solo letto una jazz-poesia. Però l’interpretazione è stata superlativa! (se avessi - o se ho - fatto schifo, non te lo direi mai... jè jè).
C’era, ad accompagnarmi, il fisarmonicista Ermes Pirlo e... se un pochetto schifo l’ho fatto sul serio, la colpa è senza dubbio sua! Vabbè, dai, ho scherzato di nuovo: lui ci sa fare davvero, con la fisa. Dopo la mia stramagnifica performance l’ha dimostrato con un pezzo sanguigno, l’Ermes.
Poi s’è dato spazio alla voce avvolgente di Barbara Pizzetti, che ci ha sedotto leggendo un pezzo della leggendaria vita di Billie Holiday, sul braciere di calde note suonate da Filippo Pardini al sax, Roberto Bordiga al contrabbasso, l’Emanuele Maniscalco alla batteria, i quali ci hanno poi manipolato le budella con cura per un altro quarto d’ora. I tre non toccheranno i miei apici, forse, ma... occhei, occhei: ho sck-sck-rzz.../ oggi mi vien così.
C’era anche, big della serata (dopo di me, ovvio...), il Ron Horton Quartet, from United States. In verità c’era un infiltrato milanese, nel quartet: il pianista Antonio Zambrini, che ha polpastrelli fini fini con cui ha ricamato pizzi di no-te, no-me, no-lui sì, sì, lui sì! Eccome, lui, le note!
Mike Sarin, il batterista - modo di suonare decostruttivista -, si dilettava a fare il bonghista giocoliere: la mano sinistra non ne voleva sapere di tenere tra le dita la bacchetta per più di tre minuti, mentre con la destra la ruotava come fosse una majorette. Sì, certo, un po’ meno sensuale delle sgambate in vestitino rosso, ma molto più... più... più Tu-ttut-turu-turu-tut-tut-turu di loro, il Mike!
Horton spesso si defilava, lì, alla nostra destra e, mani sotto le ascelle, si godeva il suonare degli altri, come un papà che osserva i suoi marmocchi soddisfatto. Poi in punta di piedi entrava e, in punta di dita, ci dava che ci dava, strombazzate da insetto fuggente o da Sirena ammaliante e, non so, io, la tromba... ha solo quei tre piccoli stantuffi sulla colonna vertebrale d’ottone, la tromba... e com’è, dico, eh?... solo 3... Eppure «333333periodico» è il numero delle combinazioni e reciproche emozioni che può generare, la tromba.
Ben Allison ha, nel suonare il contrabbasso, nel modo di tenerlo tra le gambe, ortogonale ai suoi grossi fianchi (del contrabbasso, i grossi fianchi, mica...), l’Allison ha una linea tutta sua. In inglese sarebbe «Allison-line». Separandolo qua e là, potrebbe risultare «All-is-on-line». Traducibile in: «tutto è in linea». «Con che cosa?», mi chiedi tu? «Con la quadratura del cerchio!», ti dico io. Voglio dire... stiamo parlando di Jazz, no? «Quindi?!», ribatti tu-ù... Quindi - ti faccio notare io - Eros e Lilli sono arrivati in ritardo, è questo è in linea. Albi s’è scordato la necessaria tessera Arci, e questo è in linea. Mike Sarin giocava in modo decostruttivo con la batteria, ed è in linea pure questo. E io... io... Io gioco a decostruire le parole, che è il mio modo di suonarle. Il mio modo di fare Jazz...
P.S. - «Ron» -il nome di Horton - in spagnolo è il «Rum». Che, in pratica, è un po’ come chiamarsi «Grappa».
Fine del(lo) (S)concerto.
Fabio Bix

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